Un passato da Rinascimento
"Lassù nelle Madonie, che è il nome degli Appennini di Sicilia, dove non sono tornato ancora, il paese dei mieí primi anni ha spazio. In tutto il gran scenario - oleandri lungo la valle classica, olivi di greppo in greppo, vette chiare calanti a schiera dagli acropoli del centro al mare, infine il mare di Imera, tagliato a spicchi dietro l'ultima quinta - non si vede altra città o villaggio. Polizzi Generosa drappeggiata nel suo superbo epiteto, torreggia sola. "
Chi parla così dei suoi luoghi d'infanzia è lo scrittore polizzano Giuseppe Antonio Borgese. Il "gran scenario" è quello appunto di Polizzi Generosa,una delle antiche città demaniali della Sicilia, distesa su un colle alto 917 metri dal quale lo sguardo si posa su un ampio e intenso paesaggio formato dai contrafforti delle Madonie e da vallate dominate dal verde dei noccioleti. Per questa sua incantevole posizione geografica è certamente la base di partenza ideale per la visita al parco delle Madonie e per le stazioni sciistiche invernali di Piano Battaglia. Di questa località,talmente ricca di natura,storia,cultura e arte da meritare una visita non frettolosa,cercheremo di restituirvi con questo servizio le sensazioni di curiosità e gradevolezza che ha provocato in noi, visitandola. Durante gli sbancamenti per la costruzione di un edificio scolastico, in contrada S. Pietro, in una località detta "puputuni", è venuta alla luce una necropoli ellenistica. Data l'importanza storico archeologica del ritrovamento, la soprintendenza ai beni culturali di Palermo ha affidato al prof. Amedeo Tullio ed alla sua équipe l'esecuzione di una serie di saggi di verifica, i cui risultati sono ben documentati in una piccola mostra grafica e fotografica allestita nella chiesa bizantina di S. Pancrazio. La scoperta di queste testimonianze concrete delle più antiche forme di vita organizzata nel territorio, permette di "rileggere" la controversa storia delle origini della cittadina. Già rinvenimentì casuali di materiali ceramici e numismatici (databili tra il quarto ed il terzo sec. a.C.), nonché il ritrovamento della statua della cosiddetta "Iside", avevano fornito delle ipotesi e riflessioni sull'origine e sull'esistenza di una frequentazione greco-cartaginese del sito. Sono stati effettuati nove saggi archeologici con l'esplorazione di venticinque sepolture; i manufatti recuperati, costituiti quasi esclusivamente da vasi di importazione, sono riconoscibili in topologie note e diffuse in tutta la Sicilia ellenizzata. Come scrive il prof. Tullio nella sua relazione: "Cìò potrebbe forse dimostrare a Polizzi da un lato la presenza di una comunità non sufficientemente numerosa da giustificare una produzione locale e dall'altro una maggiore disponibilità economica ed un gusto raffinato. In ogni caso le tipologie ceramiche dimostrano l'intensità dei contatti e degli scambi con le popolazioni viciniori in relazione alla posizione stessa del centro lungo la via di penetrazione verso l'entroterra a partire dalle città costiere". La datazione del sito va dalla metà del IV al 111 sec. a C. Tra ì reperti notevole è una grande anfora cineraria decorata a figure rosse con una scena figurata su ciascun lato (Herakles e il leone Nemeo e scena di gineceo) che 4 4 si segnala per la qualità del disegno, la sobrietà delle figurazioni che... riteniamo essere opera di un artigiano colto e sensibile che si ricollega alla più pura tradizione attica ". Questa prima fase di scavi ha già delineato l'importanza della necropoli documentando l'esistenza di un antico anonimo centro da individuare al di sotto dell'attuale Polizzi e segna certamente l'inizio di un nuovo capitolo della sua storia che confermerebbe un suo "continuum" storico,già ben documentato per i periodi successivi, di importante nodo di traffico e punto di confluenza delle vie mercantili che univano Palermo a Messina ed alle altre città siciliane. Polizzi infatti fin dal periodo medievale ha costituito una via di comunicazione obbligata tra il versante nord e sud dell'isola ed era attraversata da due "trazzere" regie, l'una detta "Messina montagne" che collegava appunto Palermo con Messina, e l'altra detta "Montagna-marine" che collegava Palermo con Licata. E ancora, a Polizzi confluivano altre due importanti arterie che la mettevano in comunicazione con Catania e Caltagirone. Come scrive Vincenzo Abbate (Inventario Polizzano, Palermo, 1992): ''Polizzi veniva a costituire il nodo principale di un sistema viario... centro attivo di transito di mercati, considerando che per queste vie passavano i re, i vicerè e la loro corte, trasmigravano greggi, passavano il grano, le mercanzie, i mercanti, i bordonari che a dorso di mulo portavano da Palermo nei paesi dell'entroterra sculture, polittici, stendardi e gonfaloni dipinti destinati a chiese e confraternite". Di conseguenza la sua storia si sposa in generale con quella dell'isola. Fu centro militare dei bizantini, i quali avrebbero costruito una fortificazione sulla roccia (Basilea-polis) da cui secondo alcuni avrebbe origine il nome. Dalla fine del IX sec., nonostante la conquista musulmana, continuò ad esistere un quartiere bizantino attorno alla chiesa di S. Pancrazio, una delle più antiche del paese e luogo di culto greco fino al XVI sec. Recentemente restaurata è sede storica della omonima confraternita che la gestisce, la quale in passato s'era assunta l'obbligo di seppellire tutti i poveri della città. Notevole nell'altare maggiore la paia di Giuseppe Salerno detto "lo zoppo di Gangi". A partire dall'undicesimo secolo la storia di Polizzi si intreccia con quella della conquista e della dominazione normanna. Il conte Ruggero, conquistato il paese intorno al 1071, lo trasformò da modesto casale in un'importante insediamento fortificato che ebbe il suo maggior punto di forza nel "Castellazzo". Nella vallata sottostante ebbe luogo uno scontro tra milizie normanne e arabe che portò alla disfatta di queste ultime. Da allora, secondo alcuni storici, questo luogo prese il nome di "Piano della Battaglia". Dei castello, come scrive M. G. Montalbano, "ne fa menzione Idrisi, storico arabo del XII sec., che ne sottolinea la posizione eminente e il territorio ricco di campi da seminare e fertili terreni". Esso costituì il primo nucleo abitativo attorno al quale si costituì il borgo medievale. Attualmente, nonostante il degrado in cui si trova, è ancora possibile identificarne l'arca, sebbene sia stata in parte occupata dal Palazzo Gagliardo. Di esso e dell'antico abitato di Polizzi ci si può fare una idea più precisa osservando la tela dello "Zoppo di Gangi" nella paia d'altare del "Collegio di Maria", raffigurante il patrocinio di S.Gandolfo (1620). Il castello fu residenza della contessa Adelasia, assegnataria del feudo di Polizzi, che diede un consistente impulso allo sviluppo urbanistico della città legato alla crescita della popolazione grazie anche alla venuta di famiglie dal nord. Il suo rapido sviluppo la portò ad essere inclusa tra le città demaniali della Sicilia, divenne cioè una città regia, centro di prestigio rispetto all'agglomerato feudale, con privilegi e prerogative, dominante su un vasto territorio (quello di Polizzi era di kmq. 134,33, con solo 7300 abitanti). Come tutte le città demaniali essa si fregiò di un'appellativo datole da un monarca per meriti speciali (il patronomico " Generosa" fu concesso a Polizzi da Federico Il nel 1234); possiede le reliquie dei santo patrono (S. Gandolfo) ed un gran numero di chiese e conventi, oggi in gran parte spariti o in rovina, come il monastero e la chiesa di S.Francesco, il più antico della città. Polizzi città demaniale occupava il ventunesimo posto nel Parlamento, aveva un proprio blasone formato da un campo aureo con sette rose sormontate dall'aquila imperiale, rappresentanti i sette feudi di cui era costituita la città. Fin dal 1337, aveva i suoi istituti, ordinamenti e capitoli che ne sancivano l'autonomia. Nel XIV sec. Polizzi è un luogo di rilevanza politico-economica con la presenza di un ceto imprenditoriale vivace e dinamico che attraverso le colture granarie, l'allevamento e le attività artigianali (ad esempio la produzione di ceramica invetriata) ha raggiunto una certa agiatezza. Per questi motivi 4 'nella seconda metà del XIV sec. I Ventimiglia cercarono di assicurarsene il controllo. Infatti nel 1354 tolsero ai Chiaromonte la terra di Polizzi e la affidarono a Filippo Ventimiglia che divenne capitano e castellano. Subito cacciato, gli subentrò il conte Francesco Ventimiglia che usurpò di fatto le prerogative regie sulla città demaniale, assicurandosene il dominio per circa mezzo secolo" (Montalbano). Con l'avvento di Martino di Montblanch, ridimensionato e regolamentato il potere dei Ventimiglia "Signori delle Madonie", vi fu un riconsolidamento del potere regio; da questo momento Polizzi difese strenuamente i suoi diritti demaniali contro ogni tentativo di alienarglieli. Così anche nel corso del XV sec. la città accrebbe il suo ruolo grazie alla formazione di una nuova classe nobiliare che, ereditata una città malandata e urbanisticamente decaduta per le vicende legate al dominio feudale, ne iniziò un'opera di ricostruzione e di abbellimento. "Ricchi, fregiati di propri stemmi, non solo pensarono di accaparrarsi i migliori terreni, ma all'interno della città murata i siti migliori per costruirvi la loro "domus magna", le chiese principali per erigervi le loro cappelle funerarie e i loro sepolcri ... questi nuovi nobili tennero in mano il potere, curarono gli interessi della città per garantire i propri, ma fecero gli interessi della città" (Abbate, op. cit.). Negli ultimi decenni del XV sec. ebbero inizio una serie di ricostruzioni e di opere pubbliche (abbellimento della chiesa madre, costruzione dei palazzo della Universitas, dell'acquedotto e soprattutto committenza di opere d'arte sacra) che avviarono un vero e proprio "rinascimento artistico e culturale". La disponibilità finanziaria di questa nuova nobiltà ( I Barresi, Notarbatolo, La Farina ecc.) che lentamente si sostituiva a quella tradizionalmente più blasonata ha permesso di costituire un notevole patrimonio d'arte ancora oggi considerevole, nonostante le distruzioni e le spoliazioni avvenute nel corso del tempo." Giuristi, economi, procuratori, rettori di confraternite, nobili baroni e cavalieri furono i committenti più consueti d'opere d'arte e poiché Polizzi culturalmente orbitava nell'area di influenza palermitana, nel capoluogo furono reperiti gli artisti più in voga e i nomi più famosi cui affidare l'esecuzione di codeste opere" (Abbate). Lavorarono per Polizzi scultori come i Gagini,Giorgio da Milano,il Mancino, il Berrettaro e i Di Battista; pittori come Antonello Crescenzio detto il Panormita, i Graffeo, lo spagnolo Joannes De Matta (che opererà con bottega direttamente a Polizzi); argentieri come Andrea di Leu, Nibilio Gagini ed altri. La maggior parte dei prodotti artistici avevano come destinazione la Chiesa Madre. Importante altresì il ruolo delle confraternite ciascuna delle quali curava direttamente una propria chiesa o cappella per le quali commissionava arredi sacri, gonfaloni, stendardi, politicì e "vare" necessari alla pomposità dei loro riti processionali. Nella seconda metà del '500 Polizzi è ancora una cìttà ricca e vivace con strutture in grado di ospitare l'imperatore Carlo V, il vicerè Vega ed illustri personaggi. Dopo questo "secolo d'oro", comincerà una fase di lenta decadenza. Lo stesso Carlo V, pur confermandole l'appellativo "generosa", decise di vendere la città e separarla dal Real Patrimonio per far fronte alle spese della guerra contro i Turchi. Il pericolo fu scongiurato e il "privilegio" confermato solo in cambio della non indifferente cifra di 4000 scudi. Tassazioni, peste, siccità determinarono una progressiva crisi economica che portò ad un massiccio spopolamento con il conseguente decadimento delle strutture urbanistiche, tanto che, nella prima metà del '600, attraverso privilegi e facilitazioni per chi venisse lamento indispensabile per continuare a mantenere le caratteristiche di città demaniale. Dopo il Concilio di Trento, la città viene inserita nel piano di creazione di strutture eclesiastico-conventuali da parte dei nuovi ordini religiosi usciti dalla Controriforma: gesuiti, cappuccini, fatebenefratelli fondano e gestiscono conventi, ospedali e strutture assistenziali per l'aumentato numero di poveri ed indigenti, nonché in linea con la loro ideologia di difesa della fede attraverso un'intensa azione educativa, scuole e "collegi"; danno impulso alle confraternite per l'organizzazione e il controllo delle espressioni collettive di devozionalità, incentivando la scenografia delle processioni e arricchendo le manifestazioni esteriori del culto. Queste strutture proseguirono nella loro funzione fino alla seconda metà dell'800 (quando lo Stato unitario ne decreterà l'acquisizione dei beni), arricchendo sempre più i loro patrimoni con lasciti e donazioni. Nei periodi successivi fino ad oggi, Polizzi ha partecipato alle vicende più significative della storia siciliana, scontrandosi con tutti i problemi tipici della realtà meridionale (riforma agraria, emigrazione, occupazione), alla ricerca di una sua via di sviluppo che non potendosi più fondare soltanto sulle sue risorse tradizionali (in particolare cave e produzione di nocciole) oggi in crisi, per sfuggire alla logica prevalentemente assistenzialistica, deve cercare altre vie che attraverso nuove forme di imprendìtorialità mettano al primo posto la realizzazione delle sue potenzialità nel settore turistico attraverso un sano programma di salvaguardia delle sue condizioni ambientali e dei suoi tesori d'arte.